domenica 15 gennaio 2006

OLTRE LA SCRITTURA COLLETTIVA

Dopo aver sentito un po' di pareri da lettori di Spauracchi ho pensato alcune cose sulla scrittura collettiva.

Il Romanzo Totale è una meravigliosa creatura soprattutto per chi partecipa. E' stimolante, coinvolgente, io nel periodo in cui ho partecipato ne sono stato assorbito in toto. Per chi lo legge dopo la pubblicazione le cose sono un po' più complicate. Chi si è speso nella definizione della storia ha dovuto tenere conto di ogni particolare, disegnare linee temporali, fare schemi dei rapporti tra i personaggi. Al lettore non si può chiedere tanto impegno.

L'etichetta "scrittura collettiva" include molti modi differenti di scrivere a più mani. Mi chiedevo come si potrebbero allargare a una "lettura collettiva", perchè il divertimento e il coinvolgimento totali non finiscano con la stampa e la messa in vendita. Voglio dire: per un lettore, che il romanzo sia stato stato scritto a più mani non fa differenza, lo legge come qualsiasi altro libro. Ma sarebbe anche bello superare questa PASSIVITA'.
Se lo vuole e se gli si lascia spazio per farlo, potrebbe dare un contributo alla storia, non tramite l'aggiunta o la modifica di parti di testo, ma attraverso la propria INTERPRETAZIONE dei fatti, differente da quella di altri lettori.

Ci sono film -e non mi riferisco solo al solito David Lynch- con trame e finali aperti, che scatenano dibattiti furenti in rete e al di fuori. Nel caso dei romanzi forse  è più difficile lasciare aperte queste possibilità, ma non è impossibile. Penso ad esemio alla "Trilogia della città di K" di Agota Kristof, un romanzo con molti misteri irrisolti, e che trascina il lettore più volte verso interpretazioni diverse. Sconvolgente, insolito, inquietante a partire dallo stile. Un'opera aperta.

E' certo che si tratta di uno stile molto personale, difficile da rendere in collettivo se non c'è una sensibilità comune di questo tipo. Potrebbe anche essere interessante perseguire un lavoro di interpretazione di gruppo: un incontro con gli autori non serverebbe solo a pubblicizzare il libro, ma anche a scambiarsi diverse visioni della storia con chi l'ha già letto.

Nel manifesto che ha accompagnato la nascita dei Wu Ming portabandiera della scrittura collettiva in Italia è descritta una concezione del romanziere come ARTIGIANO della narrazione. In altre parole, niente spazio per il narratore nel testo, niente tormenti da bohemiens. Il lettore può lasciarsi coinvolgere dalla storia, amarla, farla propria, ma niente patemi, niente questioni irrisolte su cui confrontarsi con altri.

"...Il narratore ha il dovere di non confondere l'affabulazione, sua missione principale, con un eccesso di autobiografismo ossessivo e di ostentazione narcisistica. La rinuncia a questi atteggiamenti permette di salvare l'autenticità dei momenti, permette al narratore di avere una vita da vivere anziché un personaggio da interpretare per coazione."
Mi sembra più adeguata a un giornalista che a un romanziere. E' un consiglio che, se fosse stato seguito in passato, ci avrebbe privato delle grandi opere di Kafka, Landolfi, Gadda, solo per citarne alcuni.


La presentazione di Spauracchi e La Potenza di Eymerich a Bologna è prevista per il 2 febbraio 2006 alle 21:30 da Modo Infoshop, in via Mascarella 24.


Cosa succede mentre scrivo questo post:
Dallo stereo esce Robot Rock Radio, una delle stazioni radio in streaming da 365live.com

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