sabato 15 novembre 2014

SULL'OTTIMISMO (PETER WESSEL ZAPFFE /1)

Non avesse altri pregi notevoli, ricorderei comunque True Detective come la serie TV che mi ha fatto conoscere Thomas Ligotti e di conseguenza Peter Wessel Zapffe. Del primo, vivente, forse Il Saggiatore pubblicherà alcuni libri in Italia. Del secondo, già passato a miglior vita, non esiste uno straccio di traduzione in italiano, ed è anche dura trovare testi in inglese. Vorrei tradurre alla meno peggio su queste pagine i rari stralci che si trovano in Internet.

Inizio con una favoletta, guardacaso sui gatti (quest'uomo mi sta già simpatico). Cioè, sugli uomini ma in forma di gatti. Premetto solo che, rispetto a Zapffe, Schopenhauer era ottimista e filantropo.







Peter Wessel Zapffe
Favola Animale (estratta da "Sul tragico", Oslo 1941)

C'era una volta una nave che trasportava gatti - molti gatti di tutti i tipi - a una esposizione mondiale alle Hawaii. Durante il viaggio la nave affondò portandosi dietro gli uomini e i topi, mentre i gatti, aggrappati a materassi e altre cose strane, giunsero alla deriva su un'isola deserta. Non c'era vita su quest'isola, tranne alcuni coleotteri vivaci e irresistibilmente divertenti ma purtroppo non commestibili. Così, a prima vista, sembravano tutti condannati a una morte miserabile.

Poi scoprirono che la morbida argilla lungo la spiaggia traboccava di grasse e deliziose conchiglie, facilmente violabili con un artiglio o due. Per la maggior parte dei gatti nacque un terribile dilemma. L'unica mossa degna di loro sarebbe stata saltare come tigri sui coleotteri, l'alternativa essendo un'attività sudicia a cui nessun gatto del genere Felidae si sarebbe mai abbassato. Essi rappresentavano il Gatto com'era saltato fuori dalla mente di Dio - come uno di loro aveva imparato da mamma gatta quand'era un micetto a casa della signora Bloom - e il solo pensiero li aborriva profondamente.

Ma 'gatto, schmat', come la signora a volte diceva, e naturalmente non passò molto tempo a che i primi immergessero le loro zampe in quel fango, generando presto una vera e propria corsa all'oro. Dimostrarono una tale indifferenza agli standard felini, che si trovarono piacevolmente nella rena riscaldata dal sole a rimpinzarsi e procreare - con la progenie che leccava vongole non appena svezzata. A intervalli adeguati sollevavano i loro musi sudici e guardavano di traverso gli snob a terra; il disprezzo e il ridicolo erano alterati da un odio incandescente, poiché la vista di quei gatti lontani ricordava loro di aver tradito il prezioso patrimonio di famiglia.

L'ottimismo diventò un modo prezioso per smorzare la consapevolezza della loro colpa e inferiorità. In poco tempo, dovettero estendere le loro difese; chiamarono "nevrotici" e "psicotici" i gatti a terra - parole difficili, ma stimolanti per la colonia infangata. Infine, un analista fu inviato dalla spiaggia; trovò resistenza alla riabilitazione e diagnosticò a quei gatti la paura dell'acqua. I plebei erano in trionfo, ma anche gli altri si convinsero della spiegazione e confermarono le loro ipotesi, sapendo bene dove volevano andare a parare.

Per contro, i gatti rapaci diventarono pessimisti. Non a causa di certi gravami a cui gli altri davano peso - lesioni e fame, soffocamento e freddo - ma per essersi trovati in un mondo privo di parole adeguate per la sacra formula nei loro cuori. Come riconoscimento di questo fatto limitarono la riproduzione, poiché il futuro appariva loro sempre più oscuro ogni giorno che passava.

Tra di essi sorsero profeti a insegnare l'arte della speranza: "In un tempo lontano arrivammo qui da una terra dove gli oggetti del nostro nobile scopo potevano essere mangiati e digeriti. Eppure molti di noi erano indolenti, trascuravano di esercitare agilità e forza, ed è per questo che la nave è affondata. Ora la morte attende i fedeli, ma dopo la morte una nuova nave verrà per quelli che non si sono piegati. E poi tutti coloro che vivevano nel peccato periranno, e nessuna nave verrà a liberarli."

Ma la fame lacerava le loro viscere, piagnucolavano in molte tonalità e dicevano: "Zwei Seelen Wohnen, ach, in unserer Brust" ("Due anime vivono, ahimé, nei nostri petti!" n.d.t.) Qualcun altro tradì e andò tra il volgo e si saziò, mentre altri si convertirono alla parola del profeta e tornarono a terra e purificarono il loro pelo e si prepararono per la grande partenza. I più fieri formarono una confraternita, dichiarando pubblicamente che è dovere di ogni gatto onesto morire prima di vendere la propria anima per un piatto di vongole. E quando il leader sentì venir meno i suoi poteri, si distese su un ceppo ad attendere ciò che gli umani chiamano una morte tragico-eroica. Molti lo venerarono come un santo e seguirono il suo esempio, poiché non potevano dimettersi utilmente; quelli rimasero fedeli ai più alti ideali di felinità pur avendoli visti solo attraverso le parole consolatorie del profeta, e combatterono la disperazione nei loro cuori.

Eppure, la maggioranza in entrambi i campi diventò schiava del dubbio eterno, dividendo il tempo tra il disagio dovuto alla sazietà e i desideri divoratori dovuti all'astinenza. Fu naturalmente un sollievo essersi sbarazzati degli aristocratici, ma il nuovo proposito di mescolarsi ai granchi alla fine si rivelò irrealizzabile.


COSA SUCCEDE MENTRE SCRIVO QUESTO POST
Nello stereo: Sia, Chandelier con il repeat. Madò che bella canzone!

4 commenti:

  1. Bell'articolo!
    Bé, se l'armonia nasce dai contrasti, immagino che mescolare un semplificato, a tratti ingenuo, ottimismo in salsa pop-glamour, espresso tramite canzoni brillanti e dense di talento, con la raffinatissima filosofia oscura di Zapffe, che non lascia spazio alcuno per la speranza o la redenzione (in vita, perlomeno), non possa che generare un'atmosfera meravigliosa.

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  2. Grazie dell'articolo, Zapffe ci informa, tra le altre cose, che grazie ai meccanismi auto-repressivi che operano a livello subconscio e solo grazie a questi, continuiamo a ripeterci che vale la pena vivere e che riprodurci sia una buona idea, e questa e' la verità piu' sconvolgente che ci neghiamo ogni giorno della nostra esistenza. Ci vuol coraggio ad essere pessimisti.

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  3. Grazie dell'articolo, Zapffe ci informa, tra le altre cose, che grazie ai meccanismi auto-repressivi che operano a livello subconscio e solo grazie a questi, continuiamo a ripeterci che vale la pena vivere e che riprodurci sia una buona idea, e questa e' la verità piu' sconvolgente che ci neghiamo ogni giorno della nostra esistenza. Ci vuol coraggio ad essere pessimisti.

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