giovedì 26 febbraio 2015

FILOSOFIA DELL'INVERNO

David Bouchier, in un intervento radiofonico trascritto qui, fa il punto sugli insegnamenti che possiamo trarre dall'inverno. Ecco i punti salienti.

Innanzitutto, l'inverno ci ricorda che viviamo nel posto sbagliato: l'umanità è nata in Africa e la civiltà si è sviluppata prima sulle calde rive del Mediterraneo. I nostri corpi e i nostri cervelli non sono fatti per funzionare al gelo. Lo sanno bene i gatti di casa, che nelle fredde mattine di febbraio si limitano a scrutare fuori dalla finestra prima di tornarsene a letto. Cosa che dovremmo fare anche noi.

Nel nostro emisfero, l'inverno è associato al nord, e storicamente da nord arrivano le orde barbariche. Le bussole puntano a nord per segnalarci la via da seguire: quella verso sud. Omero racconta di come l'equipaggio di Ulisse, una volta raggiunto il paese caldo e confortevole dei Lotofagi, non volesse più riprendere la rotta verso nord. La sapevano lunga, loro.

Nel medioevo si pensava che il male arrivasse da nord, e le parti più cruente dell'Inferno di Dante non si svolgono tra le fiamme, bensì nel ghiaccio. L'inferno è un lago eternamente ghiacciato.

Il linguaggio tradisce il nostro sentire profondo: "raffreddarsi" significa diventare indifferenti alle emozioni; le persone frigide non sono amichevoli; raggelarsi è un po' come morire.

Allora perché rimaniamo al freddo, ora che la geografia non è più un destino? Perché ci piace. Ci piace soffrire come i membri del Coney Island Polar Bear Club, che tutte le domeniche si tuffano nell'oceano gelido. In pratica siamo masochisti: vogliamo essere disciplinati, e l'inverno è disciplina. La regola principale è che nessuno deve sentirsi a proprio agio. I ricconi se ne vanno a Bora Bora o a Dubai, mentre noi ce ne stiamo qui, miserabili, virtuosi e freddi. Siamo coraggiosi e in gamba come i pinguini dell'Antartide. Se ci riescono loro, possiamo farlo anche noi.



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