domenica 18 maggio 2008

NEW ITALIAN ETHIC

Capitan Italia


Riciclo PARO PARO il commento che ho postato sul sito di Colonne d'Ercole a proposito di New Italian Epic (qui il documento di Wu Ming 1):



















SAPESSI COM'E' STRANO...

...sentirsi postmodernista a Bologna, culla del NIE (Wu Ming, Lucarelli, Evangelisti, 50% di Kai Zen...) 
 
Chi segue i Wu Ming dai tempi del seppuku di Luther Blissett, sa bene che una certa avversione all'introspezione era già ben espressa nel loro atto di nascita (la dichiarazione d'intenti del 2000), dove formalizzavano per la prima volta questa totale dedizione alla storia e ai suoi protagonisti minori. Dicevano appunto: "vero protagonista della storia non è il Grande Personaggio né l'Individuo-monade". E anche: " L'approccio di Wu Ming alla produzione culturale implica l'irrisione continua d'ogni pregiudizio idealistico e romantico sul genio, l'ispirazione individuale e altra merda del genere." 
A otto anni da quel documento, malgrado alcune promesse non mantenute, la loro filosofia non sembra essere cambiata e forse hanno ritenuto opportuno ribadirlo con questo nuovo pamphlet (che pure compare a nome del solo WM1). 
 
Non so, a me non sembra molto credibile un auto-re che auto-definisce con tanta meticolosità i confini del genere che pratica. La mia impressione è che l'effetto preceda la causa. Chiedo: si può essere scrittori collettivi e produrre qualcosa di intimista? (attenzione: non è la solita domanda sul supposto stile piatto dei collettivi, mi riferisco a un limite legato al GENERE) 
E' proprio vero che la scrittura fondata su pregiudizi idealistici e romantici sia borghese e scevra da funzioni sociali? 
Ho l'impressione che i WM siano New Italian Epic perchè non possano fare altrimenti. Peccato che WM1 cerchi di inglobare in questa categoria testi e autori assolutamente liberi di essere altro. 
 
Il postmodernismo ha trasformato l'individuo in multividuo e ha reso piuttosto complicato guardarsi dentro (un titolo come "L'incapacità di possedere la creatura, una e multipla" sarebbe una sintesi perfetta di questo concetto, se non si riferisse a tutt'altro). Figuriamoci moltiplicare un certo tipo di introspezione per cinque e far entrare tutto in un quadro unitario leggibile. Insomma, se per la molteplicità del primo grado, comunemente definita "io", un certo tipo di scrittura è consentito, la molteplicità di secondo grado propria dei collettivi la esclude a priori. Normale dunque che sia loro invisa. 
 
Si capisce persino dalle branche della scienza che vengono chiamate in causa a proposito del N.I.E.: la biologia (il DNA, l'evoluzione della specie), l'astronomia (l'età e il destino del sistema solare). Ci si ferma alla relatività di Einstein. Eppure non sono solo l'idealismo e il romanticismo a portare sulla strada dell'incertezza: la fisica e la logica del '900 hanno contribuito a rendere più vaghi i confini dell'uomo (basti citare i teoremi di indeterminazione e di incompletezza). Per chi si spinge fino alla meccanica quantistica, ecco che qualche forma di antropocentrismo ricomincia ad avere senso: quello ateo e costruzionista
 
Sono un giapster di vecchia data, ammiro i loro romanzi, lo stile, le battaglie per il copyleft e quelle sociali. Su Carmilla online c'è persino uno splendido articolo di WM5 su Filosofia e neuroscienze. Sono le prese di posizione tagliate con l'accetta a lasciarmi sempre molto perplesso. Non sarebbe più elegante praticare il genere che si vuole con gli scopi che si vuole e lasciarlo definire ai posteri?

 

Firmato: un individuo monade

 

1 commento:

  1. Uhm. Non riesco a collocare questo tuo commento rispetto al focus del mio memorandum sul NIE.

    Se ho capito bene, tu contesti:


    1) un tentativo di definizione dei confini di un genere;

    2) un tentativo di inglobare autori "assolutamente liberi di essere altro";

    3) il rifiuto dell'intimismo come discriminante (arbitraria);


    Anch'io sono contrario, nell'ordine, a definire i confini dei generi, sono contrario a ipotecare le poetiche degli autori, e non mi convince per niente l'idea di una centralità della dicotomia intimismo/epica.


    Quindi non capisco bene in che termini tutto ciò possa essere usato come obiezione verso il mio testo, che ha tutt'altri scopi e tutt'altro focus.


    Nel memorandum io tento una lettura comparata di alcune opere già esistenti, le cui affinità non stanno nelle manifestazioni formali, nel condividere un "genere" ("Gomorra" e "Maruzza Musumeci"?).

    Il testo non contiene particolari precetti per opere a venire. Mi limito a segnalare quali esperimenti mi paiono forieri di futuro, cioè quelli sul punto di vista "obliquo" o addirittura "non umano".


    Nelle premesse del testo dichiaro anche in modo esplicito che a me interessano le opere prima ancora degli autori, perché ciascuno di questi autori ha scritto, scrive e scriverà anche opere che non rientrano nel "campo di forze" che ho chiamato "new Italian Epic". Infatti di Camilleri ho citato solo due non-Montalbano, di Lucarelli soltanto l'ultimo etc.


    Quanto all'intimismo, o meglio, all'introspezione, nel mio testo non c'è nessuna levata di scudi in tal senso. Come avrei potuto giustificarla, dal momento che diversi dei testi citati sono fortemente introspettivi? "Stella del mattino" di Wu Ming 4 è un romanzo "intimista". Anche "Gomorra" in certe parti lo è. Babsi Jones ha scritto un perfetto esempio di "autofiction". Letizia Muratori lavora molto sull'introspezione. "Il contagio" di Siti, supremo esempio di "autofiction", per me è un oggetto narrativo epico (lo spiegherò sul prossimo Nandropausa). Etc. etc.


    Insomma, vedo poca antitesi tra introspezione e ampio respiro narrativo. Non è dall'introspezione in genere che noi WM prendiamo la distanza, ma da certo pianerottolarismo dell'ego. E in ogni caso questa polemica l'abbiamo condotta altrove (e va considerata superata, perché una parte vitale della letteratura italiana si è liberata da quelle ambasce), non l'ho condotta nel testo sul NIE, che, ripeto, ha altri scopi e un altro focus.


    WM1

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