"Mi vogliono bene i miei gatti? Difficile dirlo. Ti arrivano di un balzo sul petto e ci si insediano come la sfinge, per l'eternità."
Giorgio Bocca
Una forte empatia mi lega ai miei gatti.
La scorsa domenica sera pioveva a dirotto e i due vagabondi erano fuori, dopo aver passato tutto il giorno in casa a sonnecchiare. Ero anche un po' preoccupato, quando Pancho si è presentato alla finestra e come suo solito ha chiesto di entrare. L'ho preso dentro, asciugato con lo Scottex e liberato. Era irrequieto, faceva uno strano miagolio, quasi un pianto. Girava per casa senza pace, cercava qualcosa negli angoli nascosti, raspava contro la porta chiusa dello sgabuzzino.
Poi ha fatto una cosa che non aveva mai fatto prima, infrangendo un tabù della nostra società a tre.
Pancho e Lulù, nel tempo, si sono spartiti gli spazi di casa a cui hanno accesso: a Pancho la metà sinistra del lettone, a Lulù la destra; a Pancho il divano, a Lulù la sedia da ufficio; a Pancho la cassettina bianca della lettiera, a Lulù quella arancione. Tra i due c'è un tacito rispetto, una specie di barriera invisibile (olfattiva?) che impedisce loro di violare questi spazi.
Ecco perchè il comportamento di Pancho a questo punto mi è sembrato strano: ha annusato la sedia di Lulù, ci è saltato sopra e vi si è accoccolato, aggrappandosi alla seduta con le zampe davanti come per abbracciarla. Ha appoggiato sconsolato la testa sul cuscino ed è rimasto lì a fissarmi, triste.
Allora ho dovuto ammettere a me stesso quello che già sentivo dentro in quella brutta sera d'autunno. Là fuori doveva essere successo qualcosa a Lulù, qualcosa di orrendo e definitivo. "La pioggia" - ho pensato - "la pioggia e il vento me l'hanno portata via".
Me ne stavo così, assorto in questi pensieri, fissando il triste Pancho che si teneva al cuscino preferito di sua madre, pronto a sciogliermi in lacrime, quando l'ospite inatteso è comparso alla finestra.
"Miao"
Era Lulù, inzuppata fradicia ma come sempre in gran forma. L'ho presa dentro, le ho dato un'asciugata con lo Scottex e per la gioia ho lasciato che mi masticasse un dito dal disappunto.
Alla faccia dell'empatia. Quella gatta è l'incarnazione del cinismo, dell'ironia, della disillusione che ormai permeano la mia vita. Niente grandi passioni, niente drammi, solo finte. Anzi, neanche quelle.
Malgrado tutto, insisto sulla forte empatia che mi lega ai miei gatti. Però qualche notte fa (anzi, mattina: erano le 5) ho preso in casa Lulù come sempre fradicia e mentre l'asciugavo si è accanita con denti e unghie contro la mia mano sinistra. Ora, non pretendo di essere trattato da loro pari, ma almeno di non prenderle quando cerco di evitare loro un raffreddore. Le ho dato due scappellotti e si è calmata.
Una forte, direi magica empatia. Stamattina mi hanno fatto trovare la carcassa di una colomba davanti alla finestra. Piume ovunque, vetri schizzati di sangue. Sono certo che è stata opera di Lulù, è lei l'esperta nella caccia ai volatili. Diciamo che se l'aviaria fosse un rischio effettivo, qui saremmo già morti tutti. Dovrei essere onorato del regalo, immagino: portarmi la selvaggina potrebbe essere il suo modo di fare pace. In fondo la colomba è un segno di pace anche per gli uomini... quando non è ridotta a brandelli. Eppure, conoscendola, il messaggio che mi arriva è piuttosto "Occhio caro, il prossimo potresti essere tu".
Non mi mette una testa di cavallo nel letto perchè non abbiamo maneggi nelle vicinanze, altrimenti mi aspetterei anche questo.
COSA SUCCEDE MENTRE SCRIVO QUESTO POST:
La mia mafiosissima gatta mi dorme in grembo.
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