mercoledì 17 novembre 2010

In memoria di Ernst von Glasersfeld

Venerdì 12 novembre è morto a Leverett negli USA Ernst von Glasersfeld, filosofo tedesco e padre del costruttivismo radicale, un approccio antirealista e non convenzionale alla conoscenza.
E' stato uno dei più importanti epistemologi del nostro tempo.

mercoledì 10 novembre 2010

"UN'OASI DI ORRORE IN UN DESERTO DI NOIA"

Ci sono un italiano, un francese, uno spagnolo e una inglese che organizzano convegni su uno scrittore tedesco dall'improbabile nome di Benno von Arcimboldi. Inizia come una barzelletta la discesa agli inferi che passa per un oscuro portale aperto al confine tra Messico e Stati Uniti, quella città di Santa Teresa che nella realtà si chiama Ciudad Juarez ed è stata per davvero il teatro dei delitti che si raccontano in 2666 di Roberto Bolano. Un tomo di 960 pagine diviso in cinque parti, cinque romanzi autonomi collegati tra loro da personaggi e luoghi ricorrenti, un fiume di parole senza sbavature, che non stanca. Mai messi tanti segnalini in un libro per ritrovare le perle sparse qua e là nel testo.

Per me la conferma definitiva che si tratta di un capolavoro è arrivata a pagina 464 con l'apparizione di Florita Almada, una guaritrice visionaria molto umile e consapevole dei suoi limiti.  Nulla a che vedere con i critici pusillanimi della prima parte o con l'insipido Amalfitano della seconda. Alla fine ho pensato che tutto il libro non fosse altro che il resoconto delle sue tremende visioni.

Non mancano gli esercizi di stile: la genealogia di Lalo Cura sembra uscita da Cent'anni di solitudine; da pagina 30 non c'è un punto che uno per cinque facciate; quasi sempre i discorsi diretti sono mischiati a quelli indiretti senza soluzione di continuità, senza virgolette o trattini o corsivo, niente.

Di certo non ho mai letto niente di simile alla Parte dei Delitti. Centinaia e centinaia di ritrovamenti di donne trucidate, violentate, descritti uno per uno mentre la polizia brancola nel buio. Tanto buio. E in mezzo ai casi irrisolti ce ne sono altri che non c'entrano niente con gli omicidi seriali e si concludono presto con l'arresto del marito o di un amante; ci sono le vicende di un profanatore di chiese soprannominato il Penitente; le miserie e i vizi dei poliziotti che indagano; e, appunto, la storia di Florita Almada.
Il mistero da risolvere non è dentro al romanzo, è il romanzo stesso. Ci sono indizi sparsi qua e là, come nel discorso diviso in cinque di Barry Seaman nella Parte di Fate, nella storia di Ansky o nelle considerazioni del vecchio proprietario della macchina da scrivere nella Parte di Arcimboldi.

Bolano poi è un maestro nell'arte di piazzare il particolare decisivo e chiarificatore 30 pagine dopo la scena in cui sarebbe stato utile conoscerlo. Per questo una lettura sola non basta. Magari dovrei rileggere le cinque parti in ordine sparso come consigliava l'autore. Per ora non ci ho trovato nessuna morale (neanche quella dell'orrore dei lager nazisti accostato all'orrore degli omicidi di Santa Teresa), solo una lunga, impietosa e veritiera digressione sulla scrittura e gli scrittori.

N.B.: il titolo di questo post è la citazione di Baudelaire che apre il romanzo.